Perché la Tanzania?

Arrivare ad operare in Tanzania è stato un passo facile quando la diocesi di Mangalore con cui da sempre collaboriamo ha inviato i propri sacerdoti come missionari a Kifaru.
Fin dal 2009 avevamo conosciuto a Bhalki (diocesi di Gulbarga)  Padre Joseph Rodrigues: quando questi è stato inviato dalla sua diocesi nell’area del Kilimangiaro per cercare di portare soccorso alle poverissime popolazioni di quella zona, immediatamente sono ripresi i contatti e la situazione è apparsa immediatamente molto problematica.
A dispetto del fatto che si tratta di un luogo che attira molto dal punto di vista turistico, sia per la possibilità di scalare la montagna più alta del continente africano (quasi 6000 metri), sia per la presenza di uno dei principali parchi nazionali, la popolazione è particolarmente povera poiché la sua sopravvivenza si basa sullo stato di salute e sulla produttività del terreno, che negli ultimi anni si è ridotta del 30%.

La popolazione vive in capanne di fango, sopravvive con un’alimentazione estremamente scarsa, manca di qualunque tipo di infrastruttura, non esiste la luce e l’accesso all’acqua è estremamente difficoltoso. In una situazione tanto precaria, i bambini sono molto spesso lasciati a se stessi, con genitori spesso assenti e pochi adulti di riferimento.

Anche in Tanzania quindi abbiamo privilegiato essenzialmente i progetti volti ad aiutare i bambini, anche se con il “progetto capre” stiamo cercando di coinvolgere anche le famiglie ed abbiamo intenzione di mettere in cantiere altre iniziative rivolte specialmente alle donne.